L’intervista: Federico Pasquini

pasquiniFiniti tutti i campionati della FIDAF rimangono le luci puntate solo sulla selezione azzurra che si sta preparando per affrontare al meglio gli europei in Austria il prossimo agosto. Nel “Blue Team” i Kobra Rhinos Milano hanno un giocatore veterano davvero importantee di talento: capitan Federico Pasquini. Lo abbiamo intervistato prima del raduno.

Come giudichi il tuo secondo anno con i Rhinos Milano?
A livello personale, essermi potuto allenare stabilmente da safety penso che mi abbia permesso una maggiore continuità di rendimento rispetto alla scorsa stagione. A livello di reparto difensivo, crediamo di avere posto le basi di un sistema in cui far crescere il nostro personale e che ha già dato buoni frutti quest’anno. A livello di squadra, abbiamo raggiunto la consapevolezza di poter competere contro i migliori. A livello societario, si sono superate enormi difficoltà nella off-season e si è messa la squadra in condizione di giocarsi l’accesso ai playoff fino all’ultimo. La strada è ancora lunga, ma il bilancio deve essere considerato senz’altro positivo.

Quest’anno niente playoff, cosa non ha funzionato?
Si è fatto un gran parlare della sconfitta di Ancona. Ma comunque fosse andata quella partita, avremmo comunque dovuto vincere a Bergamo all’ultima settimana. E lì il campo ha detto chiaramente che non eravamo pronti per il grande passo. Penso che con un roster mediamente giovane come il nostro, il processo di apprendimento non sia ancora terminato. E penso che, come gruppo, occorra perlomeno giocare qualche partita importante, prima di arrivare a vincerne una.

Quest’anno hai allenato un gruppo composto da molti giovani, ottenendo risultati egregi, un giudizio sui tuoi ragazzi?
Un gruppo fantastico. Grandi talenti, grande spirito e un’etica del lavoro che ha rappresentato l’esempio per il resto della squadra per tutta la stagione. I progressi del gruppo e la sua straordinaria profondità e qualità ci hanno permesso di inserire pacchetti difensivi con fino a 6 defensive back in campo contemporaneamente. Visto il numero di atleti validi c’è sempre stata competizione, ma mai attriti. Questo fatto dimostra più di ogni altro il valore di questi ragazzi e vorremmo che questa loro mentalità team-oriented diventasse quella di tutta la squadra.
Il momento emotivamente più bello della mia stagione è stato essere costretto a guardare dalla sideline (causa infortunio) i DB fornire una prova di maturità e di carattere e fermare il grande attacco sui passaggi di Parma, regalandoci la vittoria più importante della stagione.

Come è stato il rapporto con i tuoi nuovi colleghi Coach D’Ambrosio, Coach Colombo e Coach Hamilton?
La sintonia con Coach D’Ambrosio è totale. Il suo grande merito è stato quello di creare nel coaching staff un ambiente di lavoro estremamente positivo in cui ciascuno è stato invitato a portare appieno il proprio contributo. Insieme abbiamo introdotto un sistema difensivo complesso (5 pacchetti con moltissime varianti) in un team molto giovane. Ma grazie all’ottimo lavoro degli allenatori e a una politica “a piccoli passi”, in campo non c’è mai stata confusione. Una menzione particolare la merita Coach Hamilton, che ha avuto in mano la responsabilità pesante di dover far crescere alla svelta un gruppo di linebackers con poca esperienza. C’erano delle perplessità a inizio stagione, ma il rendimento del suo reparto non è mai stato un problema. Coach Colombo è molto ben voluto dai suoi atleti e questo direi che la dice lunga sul suo spessore, sia tecnico che umano.

Parlaci un pò della tua carriera, come hai iniziato?
Partendo da lontano, nel tempo e nello spazio. Anno 1992, nelle giovanili dei defunti Magenta Bulls. L’anno dopo sono passato a Milano, nei Pythons, a breve confluiti nei risorti Rhinos. Coi Rhinos ho esordito in serie A nel 1995. Nel 1999 ho giocato una stagione ai Frogs di Legnano, decisiva per la mia formazione tecnica. Poi un paio di spensierate stagioni diviso fra il campionato spagnolo (a Zaragoza) e italiano (Falcons Milano). Con i Falcons, nel 2002, ho conquistato il mio primo titolo, allora denominato Italian Bowl – chiudendo la prima parte della carriera e consacrando 10 anni nel football milanese con questo successo, ottenuto al fianco degli amici di sempre.
Poi ci sono state 5 fortunate campagne a Bergamo con altrettanti titoli italiani, due finali di Eurobowl, la prima chiamata in nazionale (2003) e infiniti progressi tecnici, tattici e atletici. Nel 2008 il ritorno a Milano. Con l’obbiettivo di chiudere riportando il titolo dove tutto, per me e per il football, è cominciato.

Parliamo di nazionale, guardando la lista delle “convocazioni”, come valuti questa selezione?
Brock Olivo ha adottato un criterio meritocratico con particolare predilezione per atleti giovani e veloci (io rappresento un’eccezione…), tagliando i ponti con le selezioni “politiche” del passato e lasciando fuori tanti nomi importanti. Meno di una decina di atleti nella rosa dei 60 hanno precedenti esperienze di nazionale e tanti giocatori provengono da serie minori. Un messaggio molto chiaro in un movimento che necessita senz’altro di essere “svecchiato”. È un approccio coraggioso che, se a Coach Olivo verrà dato tempo e modo di lavorare, darà sicuramente i suoi frutti.

Che rapporto hai con Brock Olivo, come valuti la sua nomina a Head Coach?
Ho avuto l’onore di affrontarlo da avversario nella sua unica stagion italiana da giocatore e raramente posso dire di aver visto un atleta così fiero, corretto e coraggioso. E nel suo modo di affrontare l’impegno di Head Coach del Blue Team sta utilizzando lo stesso approccio. È un grande comunicatore, sa trasmettere molto bene la mentalità giusta e generare fiducia. Al tempo stesso conosce il nostro paese e il nostro movimento, sa che dovrà riadattare un minimo lo spirito americano a questo contesto e lo sta facendo molto bene. Siamo in ottime mani.

Un pronostico sulla spedizione in Austria?
Peso e esperienza saranno senz’altro i “reagenti limitanti” e il test con l’Austria decreterà o meno il successo della spedizione. Ma per un vero pronostico, risentiamoci al termine di questo mese di raduni.

Per il prossimo anno ti teniamo da parte la maglia numero 15?
Ho avuto una carriera fortunata. Spero di aver lasciato un po’ di fortuna anche per il futuro e spero veramente di poter chiudere con un titolo nei Rhinos. L’impegno e l’obiettivo sono questi.

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